Posso affermare che da quando pratico windsurf, o meglio, da quando ho esalato il mio primo respiro, questo è stato, senza dubbio, l’anno peggiore.
E non mi riferisco, ovviamente, solo al windsurf ma in generale a quello che questa emergenza sanitaria ha fatto emergere ed in particolare a come siamo diventati.
In questi giorni, con la Campania in “zona rossa covid”, si commemora il terremoto in Irpinia. Da Irpino doc, quel devastante terremoto dell’ottanta l’ho vissuto in prima persona. Ero piccolo, avevo 9 anni. Un’età in cui i ricordi restano nitidamente impressi nella mente e forse hai anche già sviluppato un discreto senso critico. Tant’è che adesso, con cognizione di causa, riesco a mettere in relazione come abbiamo vissuto quella tragedia e come stiamo vivendo quella attuale.
Forse non è nemmeno giusto mettere in relazione due eventi così diversi, uno veloce ed improvviso mentre l’altro lento e annunciato, ma quello che mi preme analizzare sono le differenti reazioni della gente: da un lato silenziose ed operose dall’altro spesso isteriche e inconcludenti.
In quaranta anni siamo profondamente cambiati. Nelle reazioni, nei modi con cui ci relazioniamo, nel rispetto per gli altri e ciò che maggiormente mi rattrista, nei sentimenti perlopiù individualistici.
Ricordo perfettamente il trauma iniziale nel vedere le nostre case danneggiate o crollate, nelle quali non potevi entrare e quindi ti era negato di recuperare persino i beni di prima necessità. Ma non ricordo vi fossero le crisi isteriche cui siamo abituati oggi. I silenzi si. Quelli li ricordo. Perché all’epoca non ce la prendevamo con nessuno. Non protestavamo o inveivamo contro le forze dell’ordine o contro chi aveva ruoli di responsabilità. Non facevano filmati nascosti da postare su internet, né tantomeno macabre fotografie da pubblicare sui social. Non si chiamava striscia la notizia perché i soccorsi arrivavano in ritardo. In quegli anni ci si rimboccava le maniche e basta!
Ci vestivamo con gli abiti che portavano gli elicotteri militari in balle gigantesche. Li abbiamo chiamati per anni i “piumini del terremoto”. Giubbini donati da chissà chi, che ci hanno aiutato nel gelido inverno irpino. Le scuole vennero chiuse per mesi; nessuno ne ha mai fatto un dramma. Le vere lezioni si tenevano in strada. Vedendo la gente e i nostri genitori che si prodigavano per chi aveva bisogno. Non credo che quei mesi lontani da scuola abbiano avuto ripercussioni sulla nostra formazione. Eppure non avevamo smartphone, tablet e nemmeno il famoso commodore 64 che uscì qualche anno dopo. Quanto siamo stati fortunati a non stare seduti ore ed ore ad ascoltare litanie di professori frustrati che, dietro un monitor, si sentono i salvatori del mondo. Quanto siamo stati fortunati ad accontentarci della semplicità. Anche dormire in macchina non ci creava problemi esistenziali perché eravamo uniti. Sarà l’astinenza da windsurf o l’età che avanza ma quella semplicità non la ritrovo più da nessuna parte, nemmeno in un periodo così drammatico che da mesi sta condizionando le nostre vite.
Paolo (windspirit)