La routine annienta la passione

Leggendo il sottotitolo “windsurf passion”, che attribuii, sin dalla pubblicazione, al sito windspirit, riflettevo, a distanza di 20 anni, su quello che il windsurf ha rappresentato e rappresenta tutt’ora.

Dopo i primi anni di avvicinamento prudente, necessari alla metabolizzazione della mia precedente avversione nei confronti del mare, il windsurf, anno dopo anno, si è gradualmente impossessato di me. Probabilmente all’inizio, tenendo a bada quei sentimenti di ribellione, che il particolare periodo della vita acuiva dentro di me, rappresentava un modo per rimettersi in gioco,  una sorta di sfida con me stesso oltre che una efficace valvola di sfogo. Tale esigenza “terapeutica”, con l’andar del tempo, mi ha reso sempre più dipendente, tanto che, quando il vento è mancato per lunghi periodi, l’enorme frustrazione causata dall’attesa, non di rado, mi ha indotto addirittura a meditare l’abbandono, o in alternativa, a scelte di vita più radicali.

Perché il windsurf, un po’ come il surf, non ha una linea di confine dove attendere l’evoluzione degli eventi; una “comfort zone” dove rifugiarsi. In questi sport, o sei dentro o sei fuori. Chi vive nella linea di confine, vive in balia degli eventi, e ciò non è facilmente sopportabile.

Quando penso a coloro che hanno la fortuna di vivere a Maui o alle Canarie, o in qualsiasi luogo dove la pratica di questi sport è quasi quotidiana e l’unico loro problema è scegliere l’orario ideale della marea per entrare in acqua, realizzo che per scegliere di fare windsurf o surf dalle nostre parti bisogna necessariamente avere una smisurata passione. Perché la passione è sofferenza, fisica e spirituale. E’ violenza emozionale, impeto dei sensi, irrazionalità. Non si può avere passione per qualcosa che si ha a portata di mano. Tutto ciò che diventa routine sistematicamente annienta la passione.

La passione è vivere in costante attesa; è fare chilometri e chilometri in solitaria per raggiungere il mare, e ancor più, svegliarsi di notte per andare a planare all’alba su un lago semi ghiacciato  prima di cominciare una giornata di lavoro.

La passione, anche se in diversa misura, accomuna tutti i praticanti che non hanno la fortuna di vivere in quei luoghi dove non hai la percezione che ogni uscita sia un evento, un regalo superiore, un miracolo. La passione è un atto di fede che stringe a se tutti i praticanti perché la sofferenza unisce più della gioia. Le ostilità tra ortodossia ed eterodossia del windsurf passano in secondo piano frantumando i pregiudizi di quella perenne guerra di religione tra gli integralisti wavers e i freeriders, gli  slalomari, i freestylers e recentemente i foilers.

Molti amici ne hanno fatto una ragione di vita,  altri, come me, un diversivo. Fatto sta che quelli che sono rimasti qui, a soffrire per poter “rubare” alla quotidianità una giornata di windsurf, sono l’emblema vero della passione.

Paolo (windspirit)