“il vissuto” è tale solo se pubblicato sui “social”

L’altro giorno riflettevo su come la rete abbia cambiato il nostro modo di comunicare e su come il nostro sport sia stato  influenzato dalle nuove comunicazioni digitali.

Nel 2001, quando pubblicai online Windspirit, che nasceva come un portale di immagini tratte dai nostri reportage windsurfistici, la rete era ancora concepita con un’impostazione prevalentemente testuale. Era il periodo in cui si comunicava con le mailing list, i newsgroup e le chat prive di immagini.  Anche le pagine internet erano, a differenza di quelle attuali, piuttosto “essenziali”; ricche di informazioni ma senza contenuti multimediali.

Ecco perché quando racconto a mia figlia, che Windspirit è stato un precursore di Instagram,  anticipando una metodologia comunicativa e aggregativa fino ad allora impensabile per uno sport come il windsurf, lo dico con non poco orgoglio. E quando penso a quello che è diventata la rete, considerando che per collegarci ad internet dovevamo avere un modem connesso alla linea telefonica, che risultava occupata durante tutto il periodo di navigazione, non posso non provare stupore. Anche perché quel mondo così affascinante, scandito dai quei suoni, definiti poeticamente ”handshake”, che il modem emetteva in fase di collegamento al server, era nettamente scisso dall’ordinarietà quotidiana. Il reale ed il “virtuale” erano due entità distinte che trovavano il loro punto di incontro proprio in quei suoni. Oggi l’handshake non esiste più perchè  internet è disponibile ovunque e ininterrottamente. La rete è entrata prepotentemente nella nostra vita demolendo ogni confine. In virtù di questo, la maggior parte della popolazione condivide, in tempo reale, la propria vita in una realtà promiscua tra due mondi che prima erano ben distinti. Nel nostro sport, ad esempio, non si vedono più solo le foto in action o degli spot ma si è partecipi, in tempo reale, a tutte le fasi della giornata: dal viaggio,  al caffè con gli amici, alle operazioni di montaggio dell’attrezzatura fino a quelle di rientro a casa, molto spesso coadiuvate da dirette sapientemente commentate. Tale dipendenza, estremizzata, ha concretizzato il paradosso che “il vissuto” è tale solo se pubblicato sui “social”. L’appagamento immediato che, con poco sforzo, i “social” offrono al cervello quando si pubblica un post, è stato dimostrato, che rende dipendenti proprio come l’assunzione di droghe. La dopamina, che viene liberata, trasferisce al corpo sensazioni di benessere, diventando una sorta di ricompensa al nostro egocentrismo. La mia sensazione è che oltre ad usarla a nostro uso e consumo, stiamo subendo la tecnologia a vantaggio di un sistema economico che ci vuole sempre più individui passivi. Per quanto mi riguarda, continuerò a mantenere vivo il vecchio, ma ancora utile sito web “windspirit”,  selezionando accuratamente solo le foto e gli articoli migliori.

Paolo (windspirit)