SSD Stone Surf Designs – Western Australia
Dopo le innumerevoli richieste dei tantissimi appassionati che costantemente mi contattano sulle spiagge, via mail e attraverso i social, ecco, a distanza di un anno di utilizzo, il racconto e le mie sensazioni sulle tavole SSD (Stone Surf Design) che posseggo.
Cercherò di essere il più oggettivo possibile, nonostante la passione che provo per queste tavole sin dal 2011; da quando vidi Jaeger Stone salire sul podio del PWA di Tenerife con uno stile in surfata molto simile al surf da onda e con una velocità sensibilmente superiore agli altri rider. Ricordo perfettamente le tavole che utilizzava con la coperta in wood e con le grafiche tanto aggressive quanto ammalianti.
Oltre allo stile di Jaeger, anche la tipologia costruttiva, che il padre utilizzava, non mi furono indifferenti, ma l’Australia era lontana ed era impensabile approcciarmi ad un prodotto così “distante” da me.
Da quel giorno di acqua sotto le tavole ne è passata, e dopo ben 5 anni, l’anno scorso, in una giornata estiva nemmeno troppo ventilata del Cabezo (Tenerife), Ben Wood soddisfò la mia curiosità, facendomi provare la mia prima tavola Australiana shapata da Mark Stone.
Inutile dire che rimasi “folgorato sulla via del Cabezo” tanto che giunto in Italia contattai immediatamente Mark e gli ordinai un 70 litri nuovo fiammante corredato di strap e pinne custom hand made. L’appetito ovviamente vien mangiando e quest’anno il mio quiver è stato arricchito con un altro 77 litri e di recente con un 66 litri.
Costruzione e outline
E’ bene dire che costruttivamente le SSD somigliano molto al surf da onda ma con una tecnica di resinatura del poliestere di gran lunga più robusta. La struttura interna è comunque in sandwich con sagoma poliuretanica e rinforzi in carbonio sui rails e nei punti di maggiore pressione. I materiali, come per il surf da onda, non assorbono acqua e non necessitano di alcuna valvola per la fuoriuscita dell’aria.
-Il peso di una Stone completa di pinne e strap è di circa 7,2 kg.
-L’outline è molto simile a quello che Mark utilizza per gli starboard ultrakode nelle misure piccole , quindi tavole piuttosto corte e strette, con bordi molto paralleli.
-Le misure sono: 66 lt. 216×52,6 ofo 35,7 – 72 lt. 216×53,3 ofo 36,0 – 77 lt. 219×55 ofo 36,5 .
-Le misure delle pinne sono le stesse per tutti i litraggi, dal 65 al 77 litri, con lievissime differenze (17,7 la posteriore e 11 le anteriori). Tutte le pinne sono realizzate a mano in poliestere, sono sottilissime ed hanno un flex molto pronunciato. Le pinne anteriori hanno circa 2 gradi di toe-in ed un evidente angolo di canting.
In acqua
Le SSD, anche nei litraggi più piccoli, sono molto efficienti ed hanno un range di utilizzo molto ampio. Basti pensare che sul mio 70 litri ho usato, senza alcun problema, anche la 5,0 mq. svariate volte. Ciò mi ha consentito, per quasi un anno, di optare, per il 70 litri, come tavola unica. Solo la mia grande passione per questo marchio mi ha spinto ad affiancargli, di recente, anche un 77 litri ed un 66 litri.
Quello che maggiormente impressiona di queste tavole è la bella sensazione che trasferiscono in surfata. Tutte le tavole che posseggo, oltre a planare molto prima di tante tavole anche di litraggio superiore, bolinare come degli slalom e ad avere una velocità di punta considerevole, nelle onde si sentono inverosimilmente libere. Stupisce la facilità con la quale si riesce ad indirizzare la prua nell’onda così verticale senza perdere minimamente velocità.
L’accelerazione e la tenuta in curva di queste tavole è incredibile. Il bilanciamento perfetto raggiunto da Mark, tra le geometrie delle linee d’acqua, le pinne e il materiale costruttivo, consente alle sue tavole di non interrompere mai la propulsione durante la curva. Citando il mio amico Justin Stuart: “queste tavole non si incastrano mai”, come invece spesso mi accadeva specialmente con quei quad definiti “radicali”. Con gli Stone è possibile allungare o accorciare gli archi di curva a piacimento, senza pregiudicare la riuscita del turn. Questa grande accelerazione e la portanza impressionante che producono, consente di arrivare sul labbro dell’onda in tempi ridottissimi e con una velocità che rende, al rider, una volta sincronizzatosi col il nuovo timing, tutto più facile. Descrivere queste sensazioni mi fa battere il cuore più velocemente. Chi pratica il surf da onda sa cosa vuol dire integrarsi perfettamente all’onda, diventare un tutt’uno con essa, abbattere quel confine che esiste tra l’uomo e la natura. Queste tavole incarnano appieno proprio questo concetto, non esagero nel dire che ogni tavola ha un’anima. Mark le “shapa” una alla volta interamente a mano, con resina di poliestere. La metodologia costruttiva rende le tavole di gran lunga più flessibili di qualsiasi tavola in commercio. I materiali “pieni” utilizzati per la struttura delle tavole e l’assenza di aria nel loro interno, rende gli scafi molto fluidi sull’acqua conferendo, a chi le sta conducendo, quella sensazione, pressoché unica, di sentire tutto in perfetta armonia. Lo scafo asseconda l’acqua diventando un tutt’uno con essa. L’acqua sottostante non respinge la tavola, facendola rimbalzare, ma la accoglie facendola scivolare velocemente.
Particolarmente efficace la definizione di qualche giorno fa, inviatami via sms dal mio amico Luca Citro dopo aver provato il 77, “Paolo, ho fatto mezz’ora con un surf board. L’effetto pumping è devastante!”. Leggere quel messaggio ha rievocato in me la stessa sensazione di quando uscii dall’acqua con quel vecchio, ma ancora funzionale, Stone 68 litri che Ben mi fece provare al Cabezo (Tenerife). Non avrei mai creduto, prima di entrare in acqua, impressionato dal suo peso considerevole, di riuscire a stare a galla con il vento che a malapena raggiungeva i 20 nodi e la 4,0 già armata. E invece, dopo le prime onde, ripetevo nella mia mente, con il sorriso sulle labbra e facendo attenzione a non finire a rocce, sotto gli occhi di Ben e dei suoi amici, che le mie future tavole non sarebbero potute non essere delle SSD (Stone Surf Design). Difatti, al mio rientro in Italia, senza nemmeno sapere come avrei ritirato la tavola e se ci fossi riuscito, contattai Mark in Australia e gli ordinai il mio primo STONE. Il resto della storia ve l’ho raccontato.
Un saluto
Paolo
L’indirizzo della factory di Mark è il seguente:
CUSTOM SURF DESIGN By MARK STONE
Geraldton Western Australia
968 Chapman Road